Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973.
Penso che sia uno degli incipit più chiari, distintivi e forti come un colpo al cuore: l’effetto è come i famosi <
Nel 1981, mentre era studentessa presso la l’Università di Syracuse (NY), la giovane Alice venne aggredita e violentata. Tutta la sua (scarsa) produzione rilegge e rielabora questa esperienza e la sua prova più alta è senza dubbio Amabili resti. Il romanzo è diventato subito, e a ragione, un caso editoriale ed è una delle testimonianze di maggior peso riguardanti lo stupro. Oggi se ne parla purtroppo tutti i giorni e a tutte le ore, perciò non mi soffermerò su un danno sociale che andrebbe analizzato in laboratorio.
La forza del romanzo, infatti, è non dare allo stupro la capacità di distruggere la vittima, in questo caso la quattordicenne Susie Salmon. Susie è una ragazzina come tante altre ed è meravigliosa vederla nella sua normalità: vuole diventare fotografa naturalista, legge <
Inoltre, il romanzo approfondisce questioni realistiche che rendono perfettamente il dramma di una famiglia e di una giovanissima vittima e trova un punto di vista interessante per raccontare una storia che, altrimenti, sarebbe stata blanda: Susie assiste agli anni che passano sui suoi cari e sugli amici e noi con lei. Dalle reazioni dei genitori alla morte della primogenita (la preferita del papà) fino al disfacimento e al ricomporsi di un matrimonio, dall’elaborazione del lutto da parte dei fratelli e il loro dover fare i conti con una presenza/assenza ingombrante fino alla vita parallela dei conoscenti.
Infine, è un’occasione rara di leggere di morte, spiriti, fantasmi e paradiso senza pregiudizi religiosi. La versione della Sebold è convincente e ciò le dà ancora più punti per questo romanzo forte e delicato al tempo stesso: esiste un Cielo per ciascuno di noi, dove possiamo trovare tutto ciò che abbiamo sempre voluto; possiamo parlare con altri defunti e sbirciare nel mondo che abbiamo lasciato, per vedere o farsi vedere, per lasciare indizi o fare una passeggiata malinconica in mezzo alla gente che abbiamo amato. L’idea che Susie intervenga di continuo nella vita dei viventi e che usi la sua amica Ruth, la strana della scuola, naturalmente dotata di una capacità medium, è fantastica.
Non dirò che leggerlo rende felici. È un libro commovente, drammatico e a tratti distruttivo, ma il dolore che si prova non è fine a se stesso né il finale ci lascia con un’angoscia irrisolta. Perché il lato positivo delle macerie è che poi ci si può sempre costruire sopra.
Un abbraccio,
Betta
P.S. Il titolo è entrato nelle case italiane grazie soprattutto al film che nel 2009 Peter Jackson, già regista del Signore degli Anelli, ne trasse. Cast perfetto, regia magistrale (Jackson non si è limitato a Hobbit e anelli del potere, per chi non lo sapesse… vedasi Fuori di testa del 1987, Creature del cielo del 1994 e King Kong del 2005) e sceneggiatura di qualità: diverge dal libro, in meglio o in peggio a seconda dei gusti, per la maggior crudezza nelle scene. È un film straziante.