L’ambiente francofono, soprattutto in ambito letterario, è stato uno dei primi a laicizzarsi, se con questa parola non s’intende il sacrosanto principio di distinguere il sacro dal profano, bensì quel processo di espulsione della religione dall’arena pubblica. Che è arrivato fino ad un’avversione pregiudiziale verso qualunque esperienza religiosa. A tal processo di secolarizzazione anche il Belgio ha preso parte: proprio in quel Paese ha sede – lo segnalava già il compianto storico René Rémond – uno dei santuari europei dell’anticlericalismo, L’Université Libre de Bruxelles. Ma sempre dallo stesso contesto culturale arrivano oggi segnali in controtendenza, ovvero di una rinnovata attenzione alla religiosità, anche nella narrativa contemporanea. Ce ne offre un esempio l’ultimo lavoro dello scrittore belga Henry Bauchau, Il compagno di scalata, romanzo a doppio binario, sia storico che narrativo. Antigone (1999) e Il reggimento nero (1997), editi da Giunti, avevano fatto conoscere al pubblico italiano la penna delicata e profonda di Bauchau. Ora arriva questo testo, che scorre sul filo dei ricordi di un’amicizia tra l’io narrante e un amico di cordata, Stéphane, ucciso dai nazisti durante l’occupazione della Repubblica di Petain. La narrazione contemporanea invece si concentra sul legame d’affetto tra la voce in prima persona e la propria nuora, affetta da un cancro inguaribile. Ebbene, l’intero svolgesi di questo romanzo del 95enne psicanalista-narratore, evidenzia importanti segnali di una religiosità silenziosa ma non assente, tanto più che di recente il quotidiano transalpino Le Croix ha presentato come ‘credente’ Bauchau. Che può vantare un Centro studi a sé dedicato nell’università cattolica di Lovanio.