Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Recensione: Bellissimo, di Massimo Cuomo

Testata: Diario di una dipendenza
Data: 11 maggio 2017
URL: http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/2017/05/recensione-bellissimo-di-massimo-cuomo.html

Quando mio fratello è nato avevo due anni. Lo guardavo di sottecchi, nascosto dietro le gambe di papà, e mi chiedevo se fosse possibile buttarlo nella betoniera – volevo fare il muratore e i moti concentrici della betoniera, sì, mi incantavano come poche cose al mondo. Mia mamma disse di no, era una brutta cosa da pensare, e offeso smisi di parlarle per un po'. Mi assecondarono nella scelta del nome, Diego. E come Don Diego de la Vega, altro incanto dei miei due anni, mica Maradona. Sono da ventun anni il fratello maggiore di un fratello più bello e precoce di me. Lì la causa dei capricci. Lì l'innocente richiesta di ucciderlo. Sono sempre stato o troppo magro o troppo grasso, mentre Diego – quattro chili di ciccia, gli occhi azzurri, biondissimo: l'opposto, insomma – rubava le attenzioni. C'era chi si chinava nel passeggino, chi lo fotografava facendo moine, chi scambiava la sua delicatezza per quella di una bambina. E c'ero io, messo momentaneamente da parte, che ingigantivo per gelosia i suoi pregi. Mio fratello oggi arriva al metro e ottanta, lavora lontano, ha amori qui e amori lì. A giugno compirà gli anni. Sempre un passo indietro, ma senza l'invidia dell'infanzia, ho pensato a me e lui, a noi, finché è durata la lettura di Bellissimo. Poi ho avuto voglia di chiamarlo e, cosa strana, ha risposto. Il primo romanzo di Massimo Cuomo che leggo me l'ha suggerito la Lettrice Rampante: blogger non di manica larga, che si esalta solo in presenza di pois, torte al cioccolato e un gatto in particolare.

Ha scritto, tra le altre cose, che il titolo non peccava di presunzione. E Bellissimo è bellissimo davvero: potrei fermarmi qui. A una copertina che suggerisce tanto, a un superlativo assoluto che dice tutta la verità e nient'altro che la verità. Il romanzo dell'autore che ha tradito il Veneto per il Messico racconta la storia di una famiglia benedetta da una nascita miracolosa. Siamo nell'esotica Mérida, un paesello dell'America Latina, e diverse generazioni di Moya sbirciano il neonato oltre il plexiglass: tutti i bambini sono belli per le loro mamme, ma Miguel di più. Se ne accorge Santiago, cinque anni, che per la prima volta vede sorridere il padre e brillare di luce riflessa la madre. Miguel non solo ha i tratti cesellati di una statua ma, morto e risorto, è stato anche graziato dalla Vergine Maria. Parenti e compaesani lo accolgono con banchetti, musica e botti, e lo stesso carnevale lo seguirà fino all'adolescenza.

Alle scuole elementari strappa baci alle compagne di classe dietro le agavi e, di lì a poco, scoprirà la magia del sesso e il richiamo della libertà. Il ragazzino ruba fidanzate, lavori e attenzioni con un sorriso. Monopolizza gli sguardi. Ammansisce le bestie feroci – Pan, un cane randagio, è protagonista di un capitolo che mi ha letteralmente commosso – e a volte provoca resse e litigi. La maledizione, quella, di chi ha ogni donna amante e ogni uomo nemico. Finché un giorno non prende e va. Con la Ford rossa del nonno, guidata senza patente; una Polaroid con cui profanare templi sacri e immortalare splendori naturali; un fratello maggiore che non sta mai al passo (ma su una panchina legge Cent'anni di solitudine e, intanto, si innamora di Soledad). Bellissimo ha pochi dialoghi e tante suggestioni sparse, musi lunghi e straordinari momenti di tenerezza. Un Cuomo perfetto che, se non fosse per la nota biografica nel risvolto di copertina, scambierei per uno scrittore caraibico. Da fratello qual è, cura il viaggio a ritroso di Santiago – una farfalla che si credeva cactus – tra letture che facilitano il compito a Cupido, circensi tentatrici e balli nella polvere. Miguel ha lasciato dietro di sé fotoricordo, cocci e qualche storia impossibile. Quel ragazzo che si macchia di disastri e flirt è infatti già leggenda dov'è passato. Bellissimo è un inseguirsi senza tregua e forse senza raggiungersi. Su una fuga lunga una vita. Su un amore che è saziarsi. Su quegli abbracci da cui ci si ritrae d'istinto, per disabitudine o paura di un altro pugno in faccia, che portano a casa.

Il mio voto: ★★★★★

Il mio consiglio musicale: Camille – Home Is Where It Hurts