Non c’è spazio per le lacrime di coccodrillo nei romanzi di Massimo Carlotto. E nemmeno per chi, mentre rimpiange un passato fatto di valori e correttezza umana, svende il proprio presente ai peggiori farabutti. Perché, a conti fatti, è questa la realtà che ci circonda. Una palude dove perfino la vecchia criminalità rischia di inabissarsi. Incapace di adattarsi alle nuove regole. Stranita davanti a banditi in giacca e cravatta, che sotto i riflettori della quotidianità invocano ad alta voce maggiore sicurezza per le nostre città, per il Paese. E poi vanno a fare affari loschissimi in tutto il mondo. Purché non si sappia in giro.
La vecchia “mala” fa fatica a orientarsi in questo mondo globalizzato, dove tutte le regole vengono riscritte di mese in mese. Come quel tipaccio di Marco Buratti. L’Alligatore. L’investigatore dal passato tutt’altro che immacolato che è stato protagonista di alcuni tra i romanzi più belli di Massimo Carlotto. Uno su tutti? “La verità dell’Alligatore”. E galleggiano a fatica anche i suoi inseparabili compari: il ciccione Max la Memoria, sempre in lotta con la bilancia, il troppo cibo e i trigleceridi che non ne vogliono sapere di calare, e Beniamino Rossini. Un ex bandito vero. Uno che sa far cantare le armi al momento giusto, ma che ormai preferisce starsene nella penombra per tutto il tempo che gli è concesso.
Potrebbero anche scegliere una vita più tranquilla, l’Alligatore e i suoi soci. Se non fosse che, ogni volta, qualcuno viene a tirarli per la giacca. Come accade nel nuovo romanzo di Massimo Carlotto, lo scrittore padovano che più di tutti ha regalato al giallo italiano le stigmate della credibilità. “Per tutto l’oro del mondo” (pagg. 191, euro 15), che la casa editrice e/o distribuisce nelle librerie oggi, spinge Buratti dentro un brutto guaio, dove sangue, vendetta e attrazione carnale si mescolano in dosi davvero esplosive.
Tutto parte da un’indagine facile facile, che l’Alligatore farebbe volentieri a meno di svolgere. Un amico, che si sente tradito dalla moglie, gli chiede di sorvegliarla. E Buratti non solo scopre che la vita segreta di Marilena, in realtà, si svolge dentro un locale dove si suona il jazz. Perché lei, al “Pico’s Club”, si spoglia dei panni dell’infermiera, costretta a convivere con il dolore e la sofferenza, per sognare e regalare emozioni sotto il nome d’arte di Cora. Ma di quella cantante dilettante, donna inquieta dal fascino immediato. finisce anche per invaghirsi.
Non è solo sentimentale il guaio in cui Buratti si trova invischiato. C’è di peggio. Per esempio, il massacro messo in scena in una villa dove vive la famiglia di un artigiano. In cui perde la vita anche la governante quarantenne di Pordenone, seviziata e massacrata senza pietà. Ma perché? E, soprattutto, che cosa si nascondeva dietro l’attività apparentemente limpida di Gastone Pescarotto, che nella sua casetta di Piove di Sacco confezionava capi in cachemire?
Non è facile far parlare chi conosce i segreti di una terra dalle mille maschere come il Nordest. Troppo perbenismo nasconde la vera attività di tanti rispettabili artigiani, che arricchiscono il loro conto in banca riciclando in silenzio oro, gioielli, denaro. Cose preziose che arrivano da rocambolesche rapine. Ed è lì, in quella zona grigia, che si consumano vendette spietate. Sarà compito dell’Alligatore riportarle alla luce.
Agli affezionati lettori, Carlotto fa un regalo in più. Prima di chiudere questo romanzo, che suona la sua piccola sinfonia criminale sulle corde di
un violino perfettamente accordato, riporta in scena uno dei suoi tipacci preferiti. Quel Giorgio Pellegrini che aveva già duettato con l’Alligatore ne “La banda degli amanti”. E che promette altre, sporche avventure. Le stiamo già aspettando.