Molti anni fa, nel corso di una conversazione memorabile, il grande drammaturgo Heiner Müller disse al sottoscritto che, senza il soffio dell'utopia, la società capitalistica non poteva che ridursi a una giungla con una polizia efficiente.
Ritrovo ora quel punto di vista nei testi raccolti sotto il titolo "Parla, così ti vediamo" (e/o, pp. 149, euro 16) di Christa Wolf (1929-2011), autrice di romanzi come "Il cielo diviso", e al pari di Müller cittadina della defunta Germania comunista, nella cui caduta ebbe un ruolo anche politico.
Il libro è composto da una manciata di "saggi, discorsi, interviste" degli ultimi anni, e alcuni hanno un valore quasi unicamente documentario. Tuttavia, ci sono pagine, come per esempio quelle di "Riflessioni sul punto cieco", che meritano un'attenzione speciale.
E non soltanto perché l'autrice vi dispiega una capacità di analisi sul nostro modello sociale che è di notevole finezza, ma perché ha la capacità di portarci là dove ormai quasi nessuno ha il coraggio di spingersi: nella direzione di quel pensiero utopico senza il cui sostegno la barbarie prossima ventura è inevitabile, si chiami essa catastrofe ambientale o - si potrebbe suggerire oggi - terrorismo fondamentalista. Per Wolf avere coscienza è ricordare, come del resto insegna la letteratura, e ricordare significa affrontare i nostri conflitti e contraddizioni. Vuol dire, in sintesi, fissare lo sguardo al cuore della crisi in cui annaspiamo.
Una curiosità: traduce questo libro all'apparenza marginale e invece così necessario la germanista Anita Raja, cioè la presunta Elena Ferrante, insomma la prossima vincitrice (come da tradizione super annunciata) del solito premio Strega.