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La sfida dello Stato binazionale, il rischio di equivocare “dal fiume al mare”

Autore: Salvatore Cannavò
Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 8 giugno 2024

Il massacro di Gaza, ben più di quello del 7 ottobre, ha polarizzato le posizioni sul conflitto israelo-palestinese rendendole ormai sempre più divaricate. Divergenze che spesso si trovano anche all’interno di spazi omogenei, ad esempio nel dibattito delle sinistre. Il libro a cura di Bruno Montesano, Israele-Palestina, oltre i nazionalismi, ha il chiaro obiettivo di ridurre le distanze, trovare punti comuni in uno spettro larghissimo di posizioni, individuare alcune soluzioni visionarie o, forse, semplicemente realistiche.

Il libro parte dal riconoscimento della gravità della reazione israeliana, ma invita a non sottovalutare la portata di quanto avvenuto il 7 ottobre invitando, sostanzialmente a “riconoscere tanto il peso della Nakba quanto dell’antisemitismo”. Le testimonianze sono costruite con questo spirito, addirittura con una valutazione del sionismo come fenomeno che non è in sé solo negativo e comunque inserito nel processo di riscoperta nazionalistica che ha interessato tutta Europa. Questa attenzione è in particolare riscontrabile nei due interventi di Anna Momigliano e Maria Grazia Meriggi a proposito del colonialismo israeliano che porta la prima a proporre di utilizzare più efficacemente il concetto di “apartheid”. Ma è nell’introduzione di Montesano che si ritrova la proposta di un unico Stato per entrambi i popoli o le nazioni, sapendo che sarebbe comunque una prospettiva difficile, ma non più di quanto sia difficile oggi l’ipotesi dei “due Stati, due popoli”. E qui si discute uno degli slogan più controversi, “dal fiume al mare”. Condivisibile, se significa la fine dell’oppressione palestinese e quindi una eguaglianza per tutti, inaccettabile se significasse che Israele non deve più esistere prefigurando “la cacciata di sette milioni di ebrei israeliani verso patrie che non hanno”. Un approccio giusto, anche se criticare il nazionalismo è più facile per chi uno Stato ce l’ha: i palestinesi, che invece non ce l’hanno, devono fare scelte molto più difficili.