Sono un'estimatrice di Carlotto giallista, autore dei gialli dell'Alligatore, ma li ho letti tutti abbastanza di recente e non è ancora ora di rileggerli.
Con piacere e sorpresa l'ultima volta che sono stata alla Delfini (la più bella biblioteca di Modena e, quindi, dell'universo mondo) ho trovato tra la narrativa italiana contemporanea questo libro. Non è un giallo, ma non sono stata delusa, anzi. Se queste righe convinceranno qualcuno a leggere questo libro od altri libri di questo autore sarò una donna felice.
Argentina, quella dell'immigrazione italiana di inizio secolo (il nonno di Carlotto), quella dei desaparecidos di ieri e forse di oggi.
"...Per questo motivo vengono chiamati desaparecidos, e desaparecion la pratica di cancellazione dell'esistenza delle persone nelle dittature".
Attraverso la forma del romanzo l'autore ripercorre la storia della dittatura militare, i complici internazionali che la sostennero in modi diversi (Italia, URSS, Stati Uniti, Spagna, Vaticano), le modalità di sterminio, le tante storie di persone scomparse, lo stato della democrazia nel paese di Borges.
Ma il raccontare la cancellazione di una generazione che aveva la capacità di sognare serve per esplorare e informare su altri paesi e sulle pratiche di sterminio e di violazione dei diritti umani.
Lo stile è brillante e veloce, senza pause, senza ripetizioni, riuscendo a presentare tutti i fatti e i personaggi più importanti (non manca l'Italia con il buon Gelli e la P2), che diressero la storia dell'Argentina dal 1976 fino alla caduta della dittatura.
E' un libro che prende il cuore del lettore e lo strizza, il dolore è accecante solo al pensiero che una intera generazione con la sua storia, la sua cultura, le sue speranze, fu cancellata perché pericolosa per lo status quo dell'area geografica che comprende, oltre l'Argentina, anche il Cile.
Dopo aver letto questo libro non guarderete più la realtà allo stesso modo.
Il processo di agnizione del passato prossimo e remoto viene mediato da personaggi umani e straordinari, scolpiti con pochi, profondi tratti.
Ma oltre la bella capacità di narrare senza ridondanza, quasi sottotono, quello che mi ha colpito è la profonda analisi di un paese in crisi etica, di una generazione (che è anche la mia) di idealisti che non sono riusciti ad inverare i loro ideali, senza ricorrere all'attrezzatura del sociologo/psicologo, con gli strumenti propri del narratore di fatti e persone. Mi ha ricordato il Vazquéz Montalbàn di Assassinio al Comitato Centrale, splendido giallo e contemporaneamente la più acuta analisi che abbia letto della transizione spagnola alla democrazia dal franchismo, ma di questo autore riparleremo, spero.
Lo stesso taglio hanno anche i gialli veri e propri di Carlotto, migliorano libro dopo libro lo stile, i dialoghi, le descrizioni: la mafia del Brenta, il profondo Nord, un paese unito e separato forse schizofrenico visto da un analista intelligente. Profittiamo della sua intelligenza anche noi e parliamone, se volete.